Con i suoi oltre trent’anni di servizio, Michele Di Nunzio è una delle figure storiche del Pronto Soccorso di Vasto. Il suo percorso per diventare infermiere è iniziato nel 1985. «In quegli anni la formazione degli infermieri era diversa rispetto a quella di oggi. Ho preso la qualifica, poi abbiamo fatto un corso di riqualificazione», per adeguarsi ad una professione in mutamento. La prima esperienza lavorativa è stata a Parma, dove ha prestato servizio per 5 anni. «Poi sono potuto rientrare Vasto. All’epoca di concorsi se ne facevano». All’arrivo al San Pio ha fatto una prima esperienza in Medicina per poi «scambiare il posto con un collega, scegliendo di lavorare in Pronto Soccorso e sono sempre rimasto lì». In un lungo percorso lavorativo tanti sono stati i cambiamenti. «Dal punto di vista dell’assistenza e della formazione c’è stato un notevole miglioramento – dice Di Nunzio -. È cambiato, però, anche l’atteggiamento delle persone. Oggi ci si rivolge molto di più al Pronto Soccorso».
Chi conosce e osserva Michele al lavoro ne parla come di una persona molto attenta all’aspetto umano della cura, che si pone in ascolto del paziente. «Mi fa piacere dicano questo ma sono convinto che sia semplicemente ciò che deve essere alla base di questo lavoro: ci vuole umanità con chi arriva per essere curato. Certo, ci sono anche dei momenti difficili, quanto magari c’è un iper-afflusso di persone, e non si riesce a trasmettere queste caratteristiche. Però siamo persone anche noi, con le nostre fatiche e le nostre difficoltà».
«Nelle situazioni di emergenza ti concentri solo su ciò che devi fare»
Una componente importante dell’attività lavorativa in Pronto Soccorso è quella degli interventi in urgenza che richiede al personale sanitario grande impegno. «In quei momenti sai che devi fare solo il tuo lavoro per cui sei preparato. Ti concentri su ciò che devi fare e riesci ad essere pronto. Nell’urgenza non hai altri pensieri, la concentrazione è tutta sul lavorare al meglio». Un’attività segnata dalle «soddisfazioni che hai quando riesci a fare qualcosa di buono. Ci sono anche le cose che vanno male, anche se si è fatto il massimo, e ti dispiace. Ma tutto fa parte del nostro lavoro».
Trent’anni di soccorsi, sia al San Pio che sul campo, diventano un bagaglio importante che, soprattutto per la sua parte emozionale, possono diventare complicati da gestire. «Riesco a staccarmi dal lavoro quando rientro a casa, lasciando fuori dalla porta ciò che ho vissuto. Certo, in circostanze particolarmente difficili, quando hai a che fare con i bambini, quei pensieri per un po’ ti rimangono in mente. Ma poi riesco ad isolarmi, forse è per questo che riesco a resistere dopo tanti anni in Pronto Soccorso».
«I nuovi arrivati sanno di poter contare su noi che siamo in Pronto Soccorso da tanto»
Grande valore è dato al lavoro di squadra. «Abbiamo il coordinamento di un’ottima coordinatrice e un ottimo responsabile. I nuovi che arrivano, sia infermieri che medici, sanno di poter contare su noi che siamo lì da tanti anni. Il bello del lavoro è questo, sapere di poter contare su colleghi che ti aiutano. È anche un riconoscere la nostra professione e la nostra esperienza».
Il Pronto Soccorso, per sua natura, è un reparto di frontiera, sempre in prima linea e soggetto a valutazioni e critiche da parte dell’utenza. «Quando leggi certe cose, ti dispiace. Chi è fuori non può vedere tutto quello che c’è dentro da parte di chi lavora, non si riesce a comprendere tutto. Noi cerchiamo di fare del nostro meglio».
In tanti anni di interventi ci sono tanti episodi da ricordare positivamente. «Non ci faccio troppo caso, è il mio lavoro, non mi piace stare lì a menzionarli. Di sicuro quando si riesce a rianimare una persona è una cosa bella. Quelli sono episodi che ricordo, così come, dall’altra parte, ricordo quelli in cui, purtroppo, il soccorso non va bene». Ai giovani che si avvicinano a questo mondo «dico che il Pronto Soccorso è un reparto che, a livello formativo ed esperienza, trasmette davvero tanto. Hai modo di confrontarti con ogni possibile caso che si verifica nella vita umana». Spesso sono interventi in contesti non usuali. «Ma oggi abbiamo presidi medici, protocolli da seguire, la formazione continua ci fa essere pronti anche quando devi fare un soccorso in un dirupo o in altre situazioni critiche».
Dopo oltre trent’anni Michele va avanti nel suo servizio in Pronto Soccorso. «Due volte avevo presentato domanda per cambiare Reparto ma, entrambe le volte, quando poi mi hanno chiamato ho rinunciato e sono rimasto in Pronto Soccorso che, ormai, è parte della mia vita».