Ucraina, gen. Del Casale: «La guerra va avanti con tattiche diverse». Lavorare al “cessate il fuoco” e un negoziato

All’inizio di aprile avevamo intervistato il generale di Corpo d’Armata Massimiliano Del Casale, socio Anmi di Vasto, già Presidente del Centro Alti Studi per la Difesa e responsabile del Centro Militare di Studi Strategici, facendo il punto della situazione in Ucraina. Ora torniamo a fare il punto sull’evoluzione del conflitto che, a distanza di molte settimane dal suo inizio, continua a mietere vittime. «Dopo aver acquisito ormai il pieno controllo delle autoproclamate repubbliche del Donetsk e del Luhansk, i russi hanno iniziato a colpire il sud-ovest del paese, con Kherson e Odessa. Ritengo difficile, allo stato attuale, che si possa tornare alla situazione antecedente al 24 febbraio», dice il generale nella prima parte dell’intervista in cui abbiamo affrontato gli aspetti militari e l’evoluzione sul campo. In una seconda parte, che pubblicheremo nei prossimi giorni, ci siamo soffermati sulle ripercussioni che il conflitto sta avendo sull’Italia e l’Europa.

Generale, Putin l’aveva promesso. Il 9 maggio la Russia avrebbe celebrato la sua seconda vittoria sul nazismo. E, invece, è ancora impantanata nella sua “operazione speciale”. Cos’è successo? Ci può aiutare a comprendere meglio quello che sta accadendo in Ucraina?
Si sta verificando quello che avevamo ipotizzato alcune settimane fa. I russi stanno cercando di consolidare, cioè di assumere il totale controllo, dei territori dell’Ucraina orientale. Hanno la piena disponibilità delle autoproclamate repubbliche indipendenti di Donetsk e di Luhansk, ma non su tutta la regione del Donbass. Controllano inoltre tutta la costa sul Mare d’Azov, disponendo, quindi, ora dell’intero spazio che separava la Crimea dai territori orientali controllati.

E Mariupol?
Mariupol è di fatto una città conquistata. Non consideri le dichiarazioni sui media, secondo le quali, finché in città ci sarà un solo soldato ucraino armato, Mariupol resterà ucraina. È propaganda di guerra. La resistenza in realtà è limitata all’Azovstal, la grande acciaieria dov’è trincerato quel che resta del battaglione Azov e del battaglione dei marines ucraini. Con pochi viveri, poche munizioni, senza armamento pesante, verosimilmente con molte persone ferite, del tutto prive della necessaria assistenza sanitaria, non sarà facile resistere a lungo. Se non vi saranno interventi esterni, al momento non ipotizzabili, di natura militare o, soprattutto, politica, la loro fine è segnata. Troppo grande è per il Cremlino il significato dell’eliminazione, sia fisica che simbolica, di questa che per loro rappresenta una sacca di resistenza.

E sul resto del territorio? È cambiato qualcosa nelle tattiche sul campo?
Come era prevedibile, i russi stanno cercando di assumere e mantenere il fondamentale controllo di Kherson, a nord-ovest della Crimea, la città all’estuario del Dnepr, fondata nella seconda metà del ‘700 da Caterina la Grande per costruirvi un porto sicuro per la flotta russa del Mar Nero, di fondamentale importanza per via del grande Canale della Crimea che alimenta gli acquedotti e i canali d’irrigazione della penisola. Canale che venne ostruito nel 2014 dagli ucraini, all’indomani dell’annessione della Crimea alla Russia, e che i russi hanno ripristinato facendo saltare col tritolo gli ostacoli frapposti al flusso idrico, all’inizio dell’offensiva. Sono poi iniziati i bombardamenti su Odessa, a conferma delle intenzioni di impadronirsi dell’intera costa ucraina, e sulle linee ferroviarie, principali assi di rifornimento delle armi dall’Occidente. Nel Nord-Est, la situazione è meno chiara. A seguito dei tentativi russi di sfondare le resistenze e puntare decisamente verso sud per chiudere alle spalle le forze ucraine attestate sul fronte del Donbass, l’esercito di Kiev sembra ora reagire con successo, assumendo l’iniziativa militare nei territori di Karkiv, attraverso la riconquista di alcuni villaggi nella periferia della seconda città più importante dell’Ucraina e costringendo i soldati di Mosca a cedere terreno. Vedremo cosa accadrà nei prossimi giorni. Al livello tattico, i russi rinunciano adesso a lanciare le fanterie all’attacco sui singoli fronti. Un atteggiamento, questo, che li aveva palesemente danneggiati all’inizio delle operazioni militari, patendo tantissime perdite. Adesso, privilegiano attacchi missilistici e fuoco di artiglieria per ammorbidire le difese nemiche. Alcuni analisti parlano addirittura di una media numerica di 600.000 ordigni giornalieri lanciati o sparati contro gli ucraini.

In questi giorni, abbiamo appreso dalla stampa internazionale dell’intelligence americana a supporto delle forze armate ucraine. Un aspetto che avrebbe tra l’altro permesso l’individuazione e l’eliminazione di numerosi Alti Comandanti dell’esercito di Mosca. Che idea si è fatto al riguardo?
Occorre prima di tutto comprendere la modalità con cui ciò potrebbe essere accaduto. Al di là degli scoop giornalistici, escludo intanto la presenza di forze NATO sul campo. Per l’intelligence tattica, il discorso è differente. Non si tratta di scattare una foto segnaletica ad un generale da un drone che vola magari a 12.000 metri di quota, inviarla ad una stazione con data base a terra, confermarne l’identità e poi far partire un missile per eliminare quel comandante. Non funziona così. I droni scattano anche foto, è vero. Ma poi, c’è tutto un lavoro di comparazione, tanto più efficace quanto più rapido, che va di pari passo con la conoscenza della dottrina d’impiego delle forze nemiche. In altri termini, se innanzi a me ho uno schieramento importante di forze nemiche, devo essere bravo nel comprendere l’entità e la tipologia di quelle forze. Ad esempio, saranno unità a livello di Brigata, di Divisione? Si tratta di reparti corazzati o di fanteria o, ancora, di paracadutisti che stanno creando una testa di ponte? La conoscenza poi della dottrina nemica, cioè di come il nemico si schiera sul terreno e conduce le operazioni militari, mi suggerirà a che distanza dalla prima linea si potrebbe trovare, ad esempio, il Posto Comando di quella Divisione di fanteria. Il rilevamento fotografico potrà individuare, alle distanze stimate, qualche agglomerato di tende militari e di veicoli dotati più di apparati radio che di armamento pesante, tipico dei Posti Comando o di elementi del sistema di comando e controllo. Il resto è affidato alla capacità di analisi rapida degli specialisti e al calcolo delle probabilità. Nel caso degli ucraini, che magari potrebbero anche aver beneficiato di una formazione e di un addestramento ricevuti all’estero, ha funzionato. Ma capita sempre all’inizio delle ostilità. Poi, si fa tesoro degli errori da ambo le parti.

Come giudica le polemiche sull’invio delle armi da parte dell’Occidente al governo ucraino?
Si tratta di un confronto di natura politica sul quale non trovo corretto addentrarmi. Ovviamente, ho un mio pensiero. Ma mi lasci dire tuttavia che trovo semplicemente speculative e stucchevoli le disquisizioni sul tema. Cosa vogliamo intendere per armi “difensive” e cosa per armi “offensive”? Le armi sono tutte fatte per “offendere”. Se volessimo essere tecnicamente aderenti al significato del termine, sinora a Kiev avremmo dovuto inviare solo elmetti, scudi antisommossa e giubbetti antiproiettile. Questi sono tre esempi di vere armi “difensive”, perché destinate alla sola “difesa” del combattente. Quindi, è l’andamento delle operazioni militari che definisce se ci trova in una fase difensiva o, al contrario, offensiva. Se impiego un missile controcarri contro un carro armato, posso trovarmi sia in una fase difensiva, com’è successo sinora per gli ucraini, sia in una offensiva, qualora la situazione sul campo dovesse mutare: per distruggere un carro armato, sarà sempre e comunque necessario utilizzare un sistema controcarri. La discussione deve allora spostarsi di livello, vale a dire sulla tipologia di “sistemi di superiorità”. O, per dirla tutta, sulla tipo di armamenti che i russi non vorrebbero mai trovarsi di fronte. Vede, la superiorità tecnologica dell’occidente, anche in tema di sistemi d’arma, è notevolissima. Non credo tuttavia che il nostro governo invierebbe a Kiev esemplari nazionali di aerei da caccia multiruolo F-35, visto che siamo noi stessi in fase di loro acquisizione. Oppure, donare alla Marina ucraina qualche modernissima fregata della classe FREMM (Fregate Europee Multi-Missione), di costruzione italo-francese e anch’esse in fase di acquisizione da parte della nostra Marina Militare. Parliamo in entrambi i casi di sistemi che dispongono di allestimenti tecnologici sofisticatissimi e di natura “top secret”. Ecco, quindi, che la questione si sposta sul solo piano del confronto politico. E, con le elezioni legislative all’orizzonte,… D’altronde, nel momento delle decisioni, i governi dei Paesi membri possono esprimere veti all’interno dell’Alleanza Atlantica. La Politica (e mi lasci usare il termine con la lettera maiuscola) dovrebbe porsi sul piano strategico. Cioè, vista l’impossibilità di fermare sinora il conflitto, cosa si intende fare? Quali iniziative assumere per cercare di tornare ad una parvenza di normalità? E, soprattutto, a quali obiettivi deve puntare ora la nazione, guardando in primo luogo alla sua difesa e sicurezza e ai suoi interessi economici? Saranno poi i “tecnici” (ebbene, sì, anche i militari) ad individuare con quali strumenti ottemperare alla decisione politica assunta.  Se dovessi sottopormi ad un intervento chirurgico, non penserei mai di imporre al chirurgo la tipologia di strumenti da utilizzare. Tutt’al più, cercherei di consultarmi con lui per conoscere in anticipo il male da sopportare e le presunte conseguenze dell’intervento.

Il generale Del Casale

Cosa dobbiamo aspettarci allora dall’evoluzione sul campo del conflitto?
Dobbiamo sperare sempre nella vittoria del Diritto, oltre che nella pacificazione di quei territori. Ma dobbiamo anche possedere l’onestà intellettuale ed essere consapevoli che, al punto in cui oggi siamo, ogni contendente dovrà rinunciare a qualcosa. Imporre alla Russia il ritiro delle proprie truppe entro i confini pre-invasione è logico, legittimo e attendibile. Ma, oggi come oggi – e lo sottolineo -, non è concreto. Sul punto, sono dell’idea che sarà molto difficile che tutto torni come prima. Sia per quanto concerne la geopolitica, che ridisegnerà nuovi confini nell’est europeo, sia per quel che riguarda i rapporti politici e commerciali tra i Paesi europei, Italia compresa, e la Russia. E a chi asserisce che, di fronte ad una resistenza ad oltranza, riferendosi ad esempio al caso dell’Afghanistan, entrambe le super potenze hanno dovuto nel passato fare marcia indietro e cedere di nuovo la guida del paese ai talebani, va fatto notare che le dinamiche, i contesti e gli interessi in gioco erano completamente differenti dalla realtà ucraina. Un conto era combattere contro l’insorgenza di natura terroristica in un paese in cui la struttura sociale è sempre stata di tipo feudale e nel quale il dramma della corruzione non ha mai lasciato spazio al cambiamento e alla modernizzazione. Un altro è scatenare una guerra ad alta intensità finalizzata alla più classica delle conquiste territoriali. Oggi, dobbiamo tutti puntare e lavorare ad un rapido cessate il fuoco e all’apertura di un negoziato.

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