Inizia con un video su YouTube in cui Bob Marley suona Redemption Song con alcuni amici la “storia d’amore” tra Emanuele Presta e la musica. Il cantautore salentino, classe 1994, all’epoca sedicenne, resta folgorato dall’interpretazione dell’artista giamaicano al punto di decidere di comprare una chitarra per poter imparare a suonare quel brano. «Comprata la chitarra – racconta Emanuele – in due settimane sono davvero riuscito ad imparare Redemption Song, poi sono passato alle canzoni dei cantautori italiani». Ma Emanuele non si è fermato alle “cover” e, racconta, «dopo un mese, senza saper fare nemmeno tutti gli accordi delle canzoni, avevo già iniziato a scrivere».
Dalla Puglia, sua terra d’origine, a Chieti, dove ha studiato Scienze Motorie, passando per Perugia, dove ha completato gli studi, fino ad arrivare a Ravenna, città dove vive attualmente, Emanuele Presta ci ha raccontato il suo “viaggio” lungo 12 anni. Tra le tappe del suo percorso c’è anche Vasto, diventata quasi sua città “adottiva”, e con la quale ha un rapporto speciale nato per caso tra i banchi della “d’Annunzio”. «Quando frequentavo l’università a Chieti – ricorda – ho conosciuto un ragazzo di Vasto, Michele Testa, e tra noi è nata una bella amicizia. Mi ha presentato ad altri suoi amici vastesi e un giorno mi ha detto: “Perché non vieni un fine settimana a Vasto?”. E da lì è scoppiato l’amore per questa città». Anni dell’università che hanno permesso a Emanuele di capire quale fosse la strada giusta per lui. «Mentre studiavo – racconta – mi dedicavo anche alla musica, diciamo che il rapporto era 50 e 50, perché dovevo completare il percorso di studi. Da un paio d’anni ho accantonato le scienze motorie e adesso mi dedico alla musica al 100%. Ho studiato, ho fatto le mie esperienze, ma ho capito che la mia strada è un’altra e vorrei che fosse la musica. Attualmente vivo a Ravenna, dove sto registrando alcune canzoni con il mio produttore (Riccardo Pasini, ndr)».
Riavvolgendo il nastro e tornando agli esordi, Emanuele ripercorre i suoi primi passi come chitarrista. «Comprare quella chitarra forse è stata la scelta migliore della mia vita – afferma -. Ho imparato a suonare da autodidatta, ma ad insegnarmi le basi e i primi accordi è stato mio nonno. Era musicista, faceva le serate nei locali, quindi le prime cose le ho apprese da lui». Ma è dal 2020 che la musica di Emanuele ha preso il volo. «Avevo del materiale su YouTube, ma quando ho incontrato Pasini e abbiamo iniziato questo nuovo progetto, ho resettato tutto per ripartire da zero. Insieme abbiamo deciso di migliorare qualitativamente e, a partire dalla fine del 2020, abbiamo iniziato a produrre i primi singoli». Dopo Vertigine, primo pezzo pubblicato nel gennaio del 2021, sono arrivati 24 marzo, Aznalubma, Souvenir e, a gennaio del 2022, Cosmogonia. «Di solito faccio uscire un brano ogni 3 o 4 mesi. Al momento ci sono 5 singoli sulle piattaforme digitali e il 13 maggio uscirà il mio nuovo singolo, “Barbabietole da zucchero”, che è una di quelle cose che si imparano alle scuole medie e non dimentichi più, un riferimento generazionale. È un pezzo nato durante una notte del primo lockdown, non avevo sonno e ho iniziato a scrivere. Non mi era mai successo di scrivere così di getto, di solito ci metto una vita a concludere una canzone perché ci penso tanto, questa invece è nata così, pensando all’infanzia».
Viaggi, perdita, ricerca, fragilità, libertà, vita. Sono tanti i temi che Emanuele racchiude nelle sue canzoni. «Cerco di spaziare il più possibile quando compongo – spiega – di variare anche nelle tematiche che tratto. Cerco sempre di mettere nelle mie canzoni un’anima prima delle cose, di parlare con il cuore. Cerco di far parlare l’anima prima di far parlare l’uomo che c’è dietro il cantautore. Nei miei testi ci sono dei riferimenti a viaggi interiori, che magari non offrono soluzioni ma portano a farsi delle domande, a perdersi. A volte scavo così a fondo che i testi diventano talmente personali da rischiare di non arrivare al pubblico, soprattutto se chi ascolta si pone degli schemi, dei paletti. I miei pezzi hanno uno stile ben preciso, che potrei definire cantautorale e che identifica tutte le mie canzoni. Per quanto mi possa allontanare dalla “musica leggera”, l’ombra del cantautorato resta sempre presente». Nel futuro di Emanuele non c’è ancora un disco all’orizzonte. «Sarebbe bello fare uscire un album – afferma – ma per ora preferisco continuare a produrre dei singoli. In questo momento la cosa migliore da fare è pubblicare molte canzoni, per arrivare a un pubblico importante, e poi valutare di raccoglierle in un disco. In quel caso, mi piacerebbe realizzare un concept album di canzoni collegate l’una con l’altra».
«Spesso, ripensando agli esordi – aggiunge Emanuele – mi accorgo che molto probabilmente, senza rendermene conto, ho comprato la mia prima chitarra perché avevo qualcosa da dire». E con 5 singoli all’attivo (e uno in arrivo) e più di 500mila ascolti su Spotify, probabilmente il suo messaggio è arrivato a destinazione.