Un impero finanziario in rovina e un vagone pieno zeppo di soldi di origine illecita che arriva sino a Spàlato, nei Balcani, e lì si ferma. Il blitz antiriciclaggio e il sequestro all’estero di 1,5 milioni di euro troncano il traffico di denaro messo in piedi tra l’Italia e la Croazia da una rete di imprenditori e prestanome pescaresi come estremo tentativo di sottrarre alla giustizia sino all’ultimo centesimo di un patrimonio di ricavi non dichiarati di mezzo miliardo di euro.
A segnare l’epilogo di questa lunga storia di frodi fiscali nel settore edilizio è Buildgate, l’operazione della guardia di finanza di Pescara che frena la fuga di capitali in terra croata su coordinamento della Procura della Repubblica e con la collaborazione, per il tramite di Eurojust, l’Agenzia UE per la cooperazione giudiziaria penale, degli organi croati collaterali che hanno congelato il denaro di provenienza delittuosa.
«L’attività d’indagine – spiega una nota delle forze dell’ordine – ha inchiodato un pool di impresari e teste di legno coinvolti in un giro d’affari clandestino, finalizzato a riciclare all’estero proventi illeciti, derivanti da reati di natura fiscale che, emersi già nel 2015 con una serie di inghippi, tra cui fatture per operazioni inesistenti per oltre 500 milioni di euro, hanno creato una voragine di 100 milioni di euro di imposte evase per cui, nel 2019, sempre nello stesso ambito, con l’applicazione del sequestro come misura di prevenzione patrimoniale, sono stati requisiti beni, denaro, rapporti bancari, partecipazioni societarie e ville lussuosissime, per un valore di oltre 16 milioni di euro. E proprio perché sbagliando non si impara, in questo caso, per sfuggire all’aggressione delle ricchezze illecitamente accumulate viene addirittura organizzato un flusso oltre confine delle provviste delle truffe tributarie. La fuga dei capitali comincia all’indomani della nascita in Croazia di due imprese fantasma, esistenti solo sulla carta ma necessarie per aprire conti correnti di comodo dove versare e depositare il denaro sporco. Il meccanismo del riciclaggio, aggravato dalla transnazionalità, si avvia con il rimpallo di consistenti somme tra i conti intestati alle società croate compiacenti. Le causali che giustificano i movimenti sono del tutto inverosimili. Riportano la sottoscrizione di contratti per la compravendita di immobili fittizi, in cui la parte venditrice non è mai esistita e non ha mai stipulato alcun accordo con il proprietario dei lotti su cui costruire. Il trasferimento fraudolento del denaro ha un unico scopo, appunto: quello di nasconderne la provenienza illecita, rendendone impossibile il congelamento. E non a caso, i soldi spariscono il giorno prima dell’esecuzione del sequestro, salvo poi venire sottratti al sodalizio criminale grazie all’attivazione della autorità giudiziaria croata tramite i canali di collaborazione esteri».
«Il riciclaggio internazionale è un fenomeno subdolo, molto pericoloso per la nostra economia che, proprio attraverso comportamenti di questo tipo, dalla rilevanza penal-tributaria, viene depauperata, perché si sottraggono risorse formatesi nel nostro Paese – afferma il colonnello Antonio Caputo, comandante provinciale della guardia di finanza di Pescara – In questo caso però, il network della cooperazione internazionale ha consentito di imbrigliare un disegno criminoso di evasione fiscale che, ai suoi sgoccioli, ha assunto matrice transnazionale proprio per sfuggire alle maglie dei controlli. Seguire le tracce delle transazioni finanziarie bancarie aiuta a ricostruire gli spostamenti illeciti di capitale. Del resto, l’obiettivo finale del malaffare è il business, e il più efficace strumento di contrasto è la restituzione alla collettività del profitto del crimine».