La centrale fotovoltaica di Cupello era ormai andata a esaurimento. L’errore della classe politica fu quello di non intervenire in tempo per sostituirla con una dalla tecnologia moderna. Lo afferma il consigliere regionale del Movimento 5 Stelle Pietro Smargiassi dopo il video pubblicato da Chiaro Quotidiano [GUARDA].
«Tra il 2003 e il 2006 – racconta – ho gestito personalmente l’impianto come responsabile di gestione e manutenzione. Un impianto che mi è stato lasciato in dotazione da chi mi aveva preceduto, il geometra Luigi Gileno. La centrale, già nel 2003, ripagava a malapena le spese di gestione. Si avviava all’esaurimento dei pannelli, che ormai producevano meno della metà del loro potenziale. Ma il vero problema non era l’esaurimento dei pannelli, che si sarebbe anche potuto pensare di sostituire in maniera graduale. Il vero problema era la tecnologia, assolutamente vetusta già 19 anni fa. Gli inverter non facevano altro che spaccarsi, perché erano vecchi di vent’anni» e l’impresa cui era affidata la manutenzione delle parti tecnologiche «aveva sempre problemi: non riusciva a trovare pezzi e, se li trovava, costavano cifre altissime. Ogni volta che c’era un guasto, metà impianto rimaneva fermo, con costi di gestione che aumentavano. In più, tra il 2003 e il 2004, iniziarono i furti dei pannelli. Tra la videosorveglianza e la manutenzione, i costi ormai non venivano più coperti dai ricavi. L’impianto ha più di quarant’anni, all’epoca era già ventennale. Fu il Comune di Cupello a offrirsi di comprarlo con questa idea: visto che ormai non poteva più essere utilizzato per la produzione di corrente elettrica, tentò di far venire l’Università in quella palazzina che si vede nel filmato, in modo da incentivare degli studi sull’impianto per capire se fosse possibile rinnovarlo Ma, essendo ormai il parco fotovoltaico non più produttivo, non era di interesse per l’Università. Quella è una tecnologia la cui evoluzione viaggia a passi da gigante».
Per questi motivi, «non è un caso di incuria da parte degli enti pubblici, ma semplicemente la vita di quell’impianto era ormai finita», sottolinea Smargiassi, secondo cui l’abbandono si sarebbe potuto evitare solo in un modo: «Quando si fanno questi impianti, bisogna pensare alla durata di 25 anni e, di conseguenza, dopo 15 anni si deve cominciare a mettere da parte fondi per sostituire l’impianto. La politica ha una sola responsabilità: forse non ha pensato a ripristinare un impianto ex novo una volta superata la metà della durata naturale. Si potrebbe cogliere l’occasione per rinnovarlo in questo momento in cui ci sono finanziamenti di ogni tipo sul fotovoltaico. C’è la superficie che è pubblica, c’è l’hardware, servono i pannelli e un’impiantistica moderna».