«Nella lotta delle attiviste ucraine e russe riconosciamo la nostra opposizione ad ogni forma di violenza»

A due settimane dallo sciopero nazionale femminista e transfemminista annunciato da Nudm, non possiamo che notificare la rinnovata necessità di portare avanti le istanze dei movimenti femministi nazionali ed internazionali, soprattutto in un clima come quello odierno. Noi Patate bollenti, in barba a qualche difficoltà logistica, abbiamo preferito rimanere sparse sul territorio italiano per fornirvi oggi una più ampia visione di ciò che bolliva e bolle tuttora in pentola nelle varie regioni d’Italia.

Certamente il pensiero principale è stato rivolto alle sorelle ucraine e alle sorelle russe, impegnate sul campo e non nella lotta alla sopravvivenza, ma non sono mancati i momenti di riflessione sulla condizione delle donne in Italia. Il 2022 ha scosso l’Occidente dalle fondamenta, dimostrando come pace e democrazia siano concetti vivi, che non possano cioè essere relegati al mero idealismo, ma che necessitino di esercizio ed attenzione costanti da parte delle istituzioni e dex singolx cittadinx. Non possiamo ignorare il diverso impatto avuto dalla guerra Russo-Ucraina sull’opinione pubblica dell’Ovest del mondo, ma possiamo rigettarlo nelle sue accezioni borghesi ed occidentaliste ed offrire a noi stessx ed a chi ci circonda una chiave di lettura che vada al di là delle differenze culturali che per qualcunx aumentano le distanze tra il suolo che calpestiamo e quello minato ormai da decenni da ordigni in numerose aree del globo. Parlare della guerra, discutere della condizione nella quale sopravvivono le persone in Ucraina in questo momento, non sottrae energie alla causa intersezionale, semmai ne sottolinea la validità, poiché smaschera la fallacia di un sistema basato sul predominio dell’essere umano sul proprio simile e fornisce una lente attraverso la quale riuscire ad osservare nel particolare i meccanismi socio-economici che acuiscono la forbice tra le diverse categorie sociali e la coartazione alla quale esse stesse sono soggette.

In soldoni: unirci alla lotta delle attiviste ucraine e russe contro il neoimperialismo di Putin non ci allontana dal nostro obiettivo, poiché in questo triste spaccato di realtà riconosciamo gli estremi del pensiero sciovinista, indiscutibile espressione di una cultura permeata di ipermascolinità, violenza, sopraffazione, disvalori ai quali ci opponiamo fermamente fin dagli albori del nostro attivismo. Sappiamo bene infatti, quanto una certa politica anche in Italia strizzi l’occhio alle forze antidemocratiche russe, seppur ami farlo di nascosto. Il senatore Simone Pillon, noto per le sue teorie sul presunto complotto gender, giustifica la sua assenza in Parlamento durante la diretta del premier Zelensky dichiarandosi imparziale di fronte all’invasione russa dell’Ucraina, mentre farfuglia frasi con un certo aplomb sacerdotale: “Entrambe le parti credono di avere le loro ragioni”. Saranno stati i fiumi di denaro provenienti dalla Russia con i quali è stato finanziato il pio Congresso delle Famiglie di Verona – come parrebbe secondo un’inchiesta dell’Espresso, riportata anche da Libere di abortire – ad avergli mozzato la lingua? Chi lo sa. La notizia non ci sorprende, semmai ci fornisce nuovi curiosi spunti su dove collocare l’asticella dei limiti al nostro scetticismo. Comunque il caro Simone sarà stato felice di sapere quale fine abbiano fatto i manifesti shock con i quali i suoi compagni di merende hanno deciso di tappezzare la capitale l’8 marzo.

Proprio quando noi tuttx eravamo impegnatx nella definizione degli ultimi dettagli delle manifestazioni per la Giornata della donna, Jacopo Coghe, portavoce del Movimento ProVita e Famiglia, dava disposizioni affinché a Roma venissero affissi cartelloni di cui ci sentiamo di premiare quantomeno l’impegno nel cercare di adattare al XXI secolo lo slogan di una campagna dai sapori medievali come quella antiabortista (“Potere alle donne? Facciamole nascere!”). Fortunatamente, l’assessora alle Pari opportunità capitoline Monica Lucarelli è intervenuta arginando i danni del reframing contro la 194. Questa censura le è costata non poco in termini di insulti, soprattutto di natura sessista, ça va sans dire. Quanto alla situazione generale: dall’inizio dell’anno corrente all’8 marzo sono stati 15 i femminicidi, i lesbicidi ed i trans*cidi registrati, con tendenze preoccupanti nel basso Lazio, in Piemonte ed in Campania. La vittima più giovane aveva 3 anni, la più anziana 87; un caso di stupro precede la morte violenta, in due casi le donne avevano invece già segnalato l’aggressore alle autorità competenti. Dall’osservatorio nazionale NUDM riportiamo anche che due delle persone uccise provenivano dal Marocco, una dallo Sri Lanka, le altre dai territori più disparati della penisola italiana. Si può dunque notare quanto profondamente incidano l’etnia ed il processo di razializzazione, oltre al genere ed all’orientamento sessuale sulla ferocia machista. Niente di nuovo sul fronte patriarcale. A Castrolibero (Cosenza) registriamo la denuncia di 12 studentesse molestate da un professore di matematica del Liceo Majorana-Valentini e soprattutto la difficoltà di queste ad ottenere l’allontanamento del docente nel tentativo d’insabbiamento perpetrato dalla Preside dell’Istituto. In Abruzzo l’arbitra Diana Di Meo non cede al ricatto dell’ex partner ed utilizza l’eco social per parlare del revenge porn di cui lui l’ha resa oggetto rendendo pubblici alcuni video registrati dalla coppia nella propria intimità. Nel frattempo nei tribunali italiani si discute di “Sindrome da alienazione parentale” (PAS) per decidere a quale genitore affidare la prole, compiendo di fatto un abuso ai danni delle donne, spesso descritte come alienanti appunto, nei confronti dell’ex partner e di conseguenza prive di capacità genitoriale. 

Apriamo una parentesi su quanto la violenza istituzionale rappresenti ad oggi la grande battaglia alla quale future generazioni di donne saranno chiamate, per questo sottolineiamo quanto è bene pianificare una strategia di contrasto ad un certo tipo di giurisprudenza già nell’immediato e continuare a discutere la necessità di decostruire quel modello eteronormativo di genitorialità imbevuto di stereotipi di genere (donna manipolatrice, madre insoddisfatta, casalinga disperata, compagna paranoica etc.) radicato nella nostra quotidianità. Terminiamo denunciando una forte perdita di terreno da parte delle donne etero e cisgenere italiane nel ricoprire ruoli lavorativi dirigenziali, professioni intellettuali e scientifiche, professioni tecniche intermedie, occupazioni a tempo pieno, mentre sale il trend delle donne assunte con contratto part-time, notizia che renderà entusiastx lx lettorx meno attentx e che renderebbe sollevatx anche noi se non fossimo conscx di quanto la prassi sociale sobbarchi la donna di ruoli e compiti quali la cura della casa, della prole, della persona etc., che costringono le lavoratrici ad una scelta, più o meno sofferta, ma comunque obbligata, al contrario di ciò che statisticamente succede per i lavoratori maschi tra il lavoro e la sfera familiare-affettiva. A tal proposito ci preme sottolineare per l’ennesima volta quanto l’applicazione della legge 104, la conseguente disparità salariale calcolata sulla produttività femminile, i 10 giorni di paternità obbligatoria, l'”opzione donna”, la carenza di infrastrutture e risorse per le persone diversamente abili delineino un quadro tutt’altro che in positivo per le lavoratrici sia rispetto alla controparte maschile in Italia che all’omolaterale femminile europea in ambito di occupazione, inquadramento e disparità salariali.

Collettivo Patate bollenti

L’utilizzo della lettera “x” alla fine di alcune parole per non ricondurle ad un genere specifico è una scelta delle autrici.

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