Quarantuno anni, un mese e due giorni di lavoro, di cui trentadue trascorsi in servizio a Lanciano. Si è conclusa lo scorso 1 marzo l’esperienza lavorativa di Filippo Travaglini, poliziotto nato ad Archi, ma lancianese d’adozione.
«Mi sono arruolato nel 1981, – ricorda Travaglini – a Bolzano e da lì ho girato l’Italia tra Roma, Bologna, Ancona ed il mio servizio come scorta a Palermo per tre mesi nel 1985». Gli anni ’80 non erano ancora il periodo caldo di Falcone e Borsellino, ma sicuramente è stata un’esperienza formativa e di grande impatto. «Anche se per una sola settimana, ho lavorato anche con il giudice Falcone ma il mio primo compito ufficiale è stato con l’allora ministro Calogero Mannino. – racconta l’ormai ex poliziotto – Si era creato un clima familiare e, quando anni dopo lo stesso Mannino è poi venuto a Lanciano per l’inaugurazione di una Fiera, al casello, mi ha subito riconosciuto, venendomi incontro e dicendomi “Filippo mio”, tra lo stupore generale. È stato un bel periodo». Un altro bellissimo ricordo? Quando il 18 maggio 1985 si ritrovò a fare da scorta, per un giorno, a Madre Teresa di Calcutta, ospite a Loreto dalle suore della Santa Casa, al suo secondo viaggio in Italia.
Dopo un temporaneo ritorno ad Ancona, c’è stato poi il rientro a casa, a Lanciano. Un rientro all’inizio non semplice, quasi noioso, fino a che il controllo del territorio è diventata la sua passione. «Il momento più bello? Gli anni del poliziotto di quartiere, dal 2004 al 2011. – ricorda – In quegli anni ho avuto modo di conoscere e aiutare soprattutto tanti bambini e anziani in quella che secondo me è la vera missione di questa professione: il servizio».
Parlando con Filippo si ha la netta percezione di quanto quello del poliziotto non sia un semplice mestiere ma una vera e propria missione, appunto, da portare avanti anche quando non si indossa la divisa. «Ho avuto diverse proposte di trasferimenti, in altri reparti come all’anticrimine, ma ho preferito restare sul territorio, tra la gente». Quella stessa gente che oggi gli ha mostrato affetto e riconoscenza per quanto fatto a Lanciano in questi anni di servizio.
«Mi piace portare la divisa, l’ho sempre indossata con dedizione ed orgoglio. – afferma ancora – Lo stesso orgoglio con cui nel novembre 2018 ho ricevuto un attestato di merito per il mio operato da Ascom. È stato un bel momento».
Sono tanti gli episodi che ricorda nei suoi 32 anni di lavoro in città. Il semplice aiuto dato ad una signora malamente caduta in centro, sebbene non fosse in servizio; i bambini fatti salire in auto per far provare loro l’ebbrezza di sedere nella macchina della Polizia. Ma anche essere riuscito a prendere i responsabili di furti in appartamento, ritrovare una pistola utile per delle indagini importanti o aver aiutato persone in forte difficoltà emotiva proprio nel momento in cui pensavano che non valesse più la pena lottare. «Se sono riuscito a fare tutto questo, lo devo anche a mia moglie, una santa, che da quarant’anni mi supporta. – Ho voluto essere sempre presente sul territorio e credo di non peccare di superbia se dico che ci sono riuscito».
Il momento più difficile? Senza dubbio quello del lockdown, il primo, legato al Covid. «È stato un periodo tragico. – ci racconta – Abbiamo fatto tantissimi controlli ma io non ho fatto multe. Ho sempre voluto credere nel buonsenso delle persone ed ho sempre preferito indirizzare, richiamare, ma non reprimere. Credo che di questo ci fosse bisogno». Una vita, insomma, dedicata alla divisa ed al territorio, con cui era diventato una cosa sola. Oggi si gode la meritata pensione, nonostante il periodo non sia dei più rosei e si dedicherà alla cura della sua piccola campagna e dei suoi ulivi, «trattati e curati come bonsai».
In città è conosciuto da tutti e sarà difficile non immaginarlo più nella volante che gira tra le vie di Lanciano per dare sicurezza ai suoi cittadini. Ma si sa, chi è poliziotto per passione, resta poliziotto anche quando toglie la divisa. E di sicuro è il caso di Filippo Travaglini.