Per una volta è dall’altra parte del microfono o del taccuino – a seconda degli strumenti del mestiere che ognuno utilizza – a dover parlare di sé. Abbiamo fatto una chiacchierata con Francesca Tana, giornalista vastese dell’agenzia Italpress, da tanti anni a Roma dove si occupa di cronaca politica. Raccontarci le tappe del suo percorso professionale è sicuramente un’esperienza diversa dal solito per chi, ogni giorno, è abituata a scrivere e far conoscere alle persone ciò che accade nei palazzi della politica. E diventa una prova anche per chi deve scriverne, consapevole di dover trattare con ancor più cura le parole di chi con la parole ci lavora.
La decisione di Francesca di diventare giornalista arriva da lontano. «Ai tempi delle superiori partecipavo alle attività del Progetto Giovani con Candido Coppetelli. Ho fatto tante esperienze, indimenticabili quelle al Festival del Cinema di Venezia. Ero la sua ombra e, quando sono venuta a Roma, ho continuato ad avere un buon rapporto con lui, fino alla sua scomparsa». Gli studi universitari a Macerata e una tesi che l’ha portata nella Capitale, per raccontare il mondo delle radio locali dedicate al calcio. «Ho unito lo stage di fine corso con la scrittura della tesi e, entrando in una radio locale, ho conosciuto davvero un altro mondo». Roma ha fatto sempre più presa e, finiti i tre mesi di stage, «ho deciso di rimanerci. Scrivevo la tesi e facevo diecimila lavori diversi. Sono rimasta in radio e ho collaborato anche con dei free press. E poi ho iniziato a mandare curriculum a tutte le testate giornalistiche». La prima chiamata è stata da un’agenzia di stampa. «Era di piccole dimensioni ma di portata nazionale. Lì ho iniziato la mia gavetta, facendo da tappabuchi, mi inviavano a convegni, eventi di ogni tipo».
La prima occasione arriva nel 2006, nel periodo di avvicendamento tra Ciampi e Napolitano, in cui la giornalista vastese è stata inviata a Montecitorio. «Sono sempre stata affascinata dai palazzi della politica, la prima volta in cui ci sono entrata ero emozionatissima». E poi un’altra occasione, come inviata al Quirinale. «Lì ho conosciuto Napolitano. Ecco, quello è stato un momento di vero inizio». Ma, in una situazione in continua evoluzione – e con le tante difficoltà del settore editoriale – non poteva mancare un intoppo come la chiusura della testata, per la maturata fatica dell’editore-direttore. Senza perdersi d’animo è ripartita la fase dell’invio di curriculum, fino alla chiamata dell’agenzia Italpress, tra le più importanti in Italia, diretta da Gaspare Borsellino e con Italo Cucci come direttore editoriale. «Quando arrivi in una nuova azienda, anche se hai già esperienza, devi ripartire praticamente da capo». Quindi, collaborazioni a lancio, sostituzioni e così via. Nello stesso periodo è arrivato anche un felice incontro con la responsabile di un’agenzia di comunicazione che curava gli uffici stampa per la Rai. «Così, dal trovarmi licenziata dall’agenzia che aveva chiuso, avevo tre programmi Rai da seguire e un impegno sempre maggiore in Italpress».
Nel maturare esperienza e con una professionalità sempre più affermata, Francesca Tana oggi si occupa di politica nazionale, con i focus su Palazzo Chigi e il Quirinale, le attività parlamentari e quelle dei maggiori partiti politici. Nel guardarsi indietro, durante la nostra chiacchierata, c’è la consapevolezza che «i sacrifici affrontati sono stati tanti. Prima di tutto quelli dei miei genitori, che mi hanno permesso di studiare». Tanti sono stati i suoi, arrivata «a 26 anni, in una città dove non conoscevo nessuno, provando a fare la giornalista» barcamenandosi tra case in affitto improbabili e diecimila lavori. «Ma poi, quando a quell’età stringi la mano a Napolitano, dici va bene così, sei ripagata di tutto». Sacrifici che non mancano anche oggi, per continuare a fare questo lavoro animata da tanta passione. «Ho la famiglia a Vasto, mio marito è lì perché ha un’attività. Faccio avanti e dietro quando posso, anche lui fa tanti sacrifici. In questi 17 anni di lavoro ci sono stati periodi anche molto difficili, quelli in cui dici basta, mollo tutto. Ma è sempre arrivata quell’opportunità a ridarmi entusiasmo e farmi andare avanti».
«Con la pandemia ci siamo trovati a raccontare eventi di cui non avevamo mai scritto»
Raccontare la pandemia è stata una prova alquanto complessa. «Sono stata sempre lì. Nei primi giorni andavamo nella sede della Protezione Civile e, insieme ai miei colleghi, abbiamo dovuto capire come scrivere. Ci siamo trovati di fronte ad eventi di cui mai avevamo scritto. Umanamente è stato brutto, ci rendevamo conto di trovarci davanti a una tragedia. Eravamo sempre buttati per strada, senza mascherine, ogni tanto qualcuno di noi si ammalava». Uno dei momenti più complessi, rimasto fisso nei ricordi, è «la sera del 9 marzo 2020, quando Conte disse non c’è più tempo, dobbiamo chiudere tutto. Non so se abbiamo raccontato tutto questo in maniera giusta o sbagliata ma abbiamo fatto quello che al momento ci sembrava giusto. Siamo stati tanto sul campo, anche durante il lockdown o le zone rosse». In quei giorni difficili, di chiusure e bollettini quotidiani, di corse in motorino in una Roma deserta, c’è stato anche spazio per momenti distensivi. «Quando le conferenze stampa erano contingentate, una sera ci siamo trovati io e tre colleghi con il presidente del Consiglio». E, mentre lei seguiva le parole di Conte che annunciava nuovi provvedimenti restrittivi, il telefono si riempiva di notifiche di familiari e amici sorpresi di vederla in tv.
«Dieci minuti con Liliana Segre valgono quanto tanti libri di storia»
Nel suo percorso ha affrontato tanti ostacoli ma sono arrivate tante soddisfazioni. Ogni giornata è sempre diversa dalle altre «e devi studiare sempre cose nuove e ricevi tanti stimoli». Non mancano neppure i momenti divertenti. «Ci sono tanti retroscena su personaggi che si è abituati a vedere solo in tv ma che, di persona, hanno molti altri lati del carattere». Sul piatto della bilancia ci sono però le soddisfazioni personali e la possibilità «di incontrare persone che mai avresti immaginato. Mattarella è una delle persone più strepitose che abbiamo. Stare con lui nella stessa stanza, incontrarlo al Quirinale, ti rende felice». Oppure capita di girare in Senato e «incontrare Liliana Segre che, con tanta dolcezza e senza pietismo, ti racconta la sua vita. Valgono più quei dieci minuti che interi libri di storia». Tra le personalità che hanno lasciato il segno c’è David Sassoli, «persona strepitosa che, forse, in Italia abbiamo apprezzato poco. Parliamo di persone splendide che ti fanno crescere il senso dello Stato».
Pensando al futuro «mi piacerebbe avere un po’ più di stabilità, oggi a 50 anni rischi di essere ancora precario». Ma con il giusto approccio alle cose «a volte i problemi ci sono ma neanche me ne accorgo, direi che li evito senza troppo pensarci».