Il nostro tempo si contraddistingue per l’ineluttabile distanza tra cittadini ed istituzioni che non è identificabile solo come disinteresse nei riguardi di una classe politica inadeguata, ma rappresenta la forma più evidente di perdita di fiducia nella democrazia come sistema per lo sviluppo e l’emancipazione sociale. La definizione classica di cittadinanza da Aristotele in poi, è fortemente legata al sistema politico. Nel mentre oggi la medesima definizione ha, di fatto, perso quella connotazione politica riferita all’impegno ed alla partecipazione. In generale stanchezza e disgusto accompagnano le opinioni di quanti, nel tempo, hanno acquisito una forma di apatia, delusi dalle tante contraddizioni e mancanze perpetrate negli ultimi decenni sino agli accadimenti dei nostri giorni. Questi sentimenti si riflettono nelle risultanze delle varie consultazioni elettorali, non solo relative all’astensionismo, ma ancor di più al disimpegno all’adesione.
Una delle cause è certamente riconducibile alla mancanza di interesse per un sistema che non genera cambiamenti nella propria esistenza, soprattutto se pensiamo al modello di sviluppo economico: la percezione di se stessi sempre più come “consumatori passivi” e meno come “cittadini attivi”. Il campione più rappresentativo è quello dei cittadini meno garantiti (disoccupati e precari) il cui scarso interesse per la politica è figlio del disinteresse della stessa verso quel ceto medio, il cui ascensore sociale scorre solo verso il basso. Difatti la politica non coinvolge coloro che non trovano soluzioni collettive ai problemi. Ma se da una parte assistiamo al disimpegno dei cittadini, dall’altra il sistema politico tenta di riconquistare l’attenzione soprattutto nelle sole fasi concitate delle consultazioni elettorali, con la complicità di inadeguate leggi elettorali, referendum il cui esito viene puntualmente disatteso con raggiri di ogni sorta, per non parlare poi delle piattaforme on-line e tribune televisive annesse, i cui effetti sono l’incremento di scetticismo e ripudio. Questo il segnale più significativo di un declino non passeggero ma strutturato in quanto la democrazia non viene identificata come sistema aperto al confronto costruttivo e solidale.
Pertanto è diventato urgente ristabilire il giusto equilibrio tra politica e partecipazione attiva dei cittadini con istituzioni degne di rappresentanza che diano spazio agli interessi collettivi. Da questo punto di vista il sistema partitico non ha saputo produrre una classe dirigente capace di avere un approccio analitico e lungimirante ai problemi (aprono tavoli tecnici solo quando le criticità in questione, es. lavoro o mancanza di un piano energetico, giungono ormai all’epilogo con rincari inaccettabili), con l’aggravante della mancanza di dialogo con i cittadini in tutte le fasi cruciali nelle quali le scelte diventano fondamentali per la vita di una comunità. I partiti, spesso rappresentativi di istanze elitarie, hanno dimenticato che le classi dirigenti ben strutturate, quelle storicamente più significative per capacità operativa e strategica provengono da filiere formative ed esperienziali sostenute da rilevanti cursus honorum, così da conseguire quella competenza per una degna eleggibilità. La selezione non può basarsi sulla sola capacità di attrarre consenso che ne genera patologica incompetenza. Questa condizione non ha fatto altro che incrementare la contrapposizione tra chi esercita il potere ed i cittadini, tanto da comportarne la perdita di reputazione fino a sfociare nella colpevolizzazione della “casta”. Nel mentre la libera iniziativa di cittadini che si costituiscono in forma associativa, spesso supplisce alle carenze del sistema politico, con intuizioni funzionali fino a divenire veri incubatori di idee con proposte di soluzioni fattive. Pertanto se la politica ed i partiti sono orfani di ideologie è necessario che cambino paradigma e trovino nuovi punti di riferimento nella società civile, che non può essere più considerata “contenitore elettorale” ma riferimento di una profonda ristrutturazione il cui focus sono i contenuti e non i personalismi.
Occorre avviare una nuova stagione generatrice del cambiamento, le cui basi solide non possono prescindere dalla competenza e dal merito. Queste potrebbero essere le premesse per ristabilire quel dialogo necessario ad una società civile che oggi registra un vuoto di rappresentanza i cui protagonisti galleggiano con mezzi di fortuna improvvisando la propria azione amministrativa nel mentre le criticità si stratificano e le responsabilità non sono mai identificabili. Ancora più necessario quindi risvegliare la sopita coscienza civile di quanti hanno dimenticato le dolorose conquiste della Resistenza e a quanto i Padri Costituenti ci hanno tramandato con inimmaginabili sacrifici attraverso la Carta Costituzionale. Possa l’eredità lasciata da costoro rappresentare la forza propulsiva che anima la nostra indignazione per non essere più spettatori passivi, ma cittadini attivi e vigili sugli accadimenti, capaci di incrementare consapevolezza e discernimento.
Francesco Mazzaferro