Fermo produttivo, licenziamenti e 50mila veicoli in meno prodotti nel 2021. È con questi numeri che i membri di Fim esprimono preoccupazione sul futuro dello stabilimento Sevel di Atessa. Sindacati che chiedono «serietà, rispetto delle persone e unità sindacale per far fronte alla difficile situazione». Per discutere il futuro dell’azienda, annunciano, «il 1° marzo, al ministero dello Sviluppo Economico, si terrà un tavolo con Stellantis, e sarà indispensabile definire un piano industriale per assicurare agli stabilimenti italiani un futuro occupazionale e produttivo».
«Il 2021 – scrive il sindacato in un comunicato – ha visto il nostro stabilimento perdere circa 50mila vetture sulla programmazione dei continui fermi produttivi dovuti alla mancanza dei semiconduttori e componenti e alla non riconferma di 600 giovani locali in forza nel nostro stabilimento. All’inizio di quest’anno, alcuni ragazzi sono stati richiamati al lavoro e sembrava che il problema dell’approvvigionamento dei materiali fosse stato superato ma, al contrario, i nuovi fermi del 2022 stanno causando maggiore incertezza e soprattutto una perdita di salario. In Europa – affermano – lo stop della vendita dei motori tradizionali, fissato per il 2035, espone il settore auto a forti rischi occupazionali e di prospettiva industriale. Al governo le nostre organizzazioni sindacali hanno chiesto di effettuare interventi strutturali per salvaguardare il settore dell’auto, favorire la transizione ecologica per la reindustrializzazione e riconversione degli stabilimenti italiani”.
Su Sevel e indotto, sostengono, «bisogna continuare a far fronte comune anche con la Regione Abruzzo e gli enti locali per aumentare l’attrattività della Val di Sangro con nuove infrastrutture, porti, strade, innovazione tecnologica e lavorando con le università su sviluppo e ricerca. La priorità deve essere quella di fare squadra per tutelare il futuro della Sevel e non solo allarmare i lavoratori come ha fatto la Fiom annunciando la delocalizzazione dello stabilimento. In questo momento storico c’è bisogno di serietà e di rispetto delle persone». La scelta di PSA e FCA di realizzare lo stabilimento in Polonia, dichiarano dalla Fim, «è stata annunciata nel 2019 e in tutti i tavoli ufficiali era presente anche la Fiom, che ben conosce la capacità produttiva della Sevel, quella dello stabilimento polacco e le richieste del mercato europeo. La Sevel – sottolineano – fino ad oggi, si è fermata esclusivamente per la mancata fornitura dei componenti e dei semiconduttori. Riteniamo che l’Europa e il nostro Paese siano in ritardo per affrontare il problema dei microchip e, nonostante gli investimenti annunciati ci vorranno alcuni anni prima di essere autonomi dai mercati asiatici. In futuro saranno il mercato e la professionalità dei nostri colleghi a fare la differenza fra noi e lo stabilimento polacco»
La Fim parla anche del possibile passaggio ai 18 turni di lavoro, definendo la proposta «impraticabile a causa del problema materiali» e ipotizzando «una fase acuta di fermi produttivi. Siamo sempre più convinti che l’unità sindacale e non di facciata sia la strada giusta per raggiungere obiettivi comuni. Dopo le riunioni programmate con l’azienda e il ministero, organizzeremo un’assemblea per informare tutti i lavoratori. Continueremo nella nostra attività sindacale all’insegna della verità senza demagogia».